Ai Membri della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT) (4 marzo 2022)
Cari amici!
Sono contento di accogliervi e vi saluto con affetto, ad iniziare dal Presidente nazionale, che ringrazio per le sue parole così “umanistiche”, profonde. Grazie. Lo scorso 25 febbraio avete festeggiato il 100° anniversario della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori. Una storia che affonda le radici in un passato ricco di sviluppi importanti, consegnato a un presente d’impegno costante e aperto a un futuro di attese e di prospettive. Permettetemi di dirvi: buon compleanno! E questo augurio lo estendo a tante persone per le quali voi lavorate: a tanti pazienti, prima di tutto, e anche a operatori sanitari e ricercatori.
La vostra Lega è uno storico precursore delle attuali cure palliative, così importanti e preziose. La vostra storia manifesta la capacità di ridefinire compiti e approcci dell’Associazione nel mutare sia del sistema sociale sia di quello sanitario; in particolare, le attività che svolgete riguardano, oltre alla formazione e all’informazione, anche la ricerca e la prevenzione. Così contribuite a costituire quel “tessuto buono” di cui è composta l’Italia. Di fronte alla realtà di tante persone, di ogni età, che si trovano ad affrontare la malattia, voi avete scelto e scegliete sempre di nuovo di “lottare” con loro e con quanti se ne prendono cura. Scegliete di farvi prossimo.
In una società minacciata dalla cultura dell’indifferenza – è la grande malattia di oggi l’indifferenza, il guardare dall’altra parte –, è più che mai necessario farsi prossimo. E questo per voi significa stare vicino alle persone malate di tumore, che in questi ultimi due anni hanno fatto ancora più fatica a causa della pandemia che ha messo in crisi il sistema sanitario. E ancora, significa stare vicino ai familiari dei malati, che hanno bisogno di un sostegno competente e fattivo. Da ultimo, significa stare vicino ai professionisti della sanità, anch’essi molto provati per le difficili condizioni in cui hanno dovuto lavorare.
La pandemia ha rallentato anche la prevenzione e i processi diagnostici, con conseguenze evidenti prima di tutto sul trattamento della malattia, ma anche sulla serenità delle famiglie e dell’intera società. Anche questo chiede, sin da ora, ulteriore prevenzione e attenzione.
Il vostro impegno è una forma di carità sociale, che voi esercitate in modalità associativa, collaborando con gli Enti pubblici e privati e con il volontariato. L’associazionismo è un’importante testimonianza di fronte all’indifferenza, di fronte a una mentalità che vorrebbe escludere chi non è perfetto. Tale testimonianza presuppone formazione. Non basta il “fare”, c’è bisogno di educarsi, di formarsi, per rispondere alla cultura dello scarto, che tende a emarginare la vulnerabilità, la fragilità e la sofferenza, emarginarla per non vederla. «Ricordo che va sempre privilegiato il diritto alla cura e alla cura per tutti, affinché i più deboli, in particolare gli anziani e i malati, non siano mai scartati» (Udienza generale, 9 febbraio 2022). E su questo della cura per tutti, vi incoraggio a mantenere, anzi, a far progredire il sistema italiano di sanità pubblica. Non perdere questo, farlo crescere, consolidarlo di più, perché è un dono per la società. Pensate a quei Paesi che non ce l’hanno, e la gente che non può pagare non ha sanità. Voi avete un tesoro da custodire a far progredire. «La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata. E questo principio etico riguarda tutti: tutti, non solo i cristiani o i credenti, tutti» (ibid.).
Insieme possiamo arginare questa cultura che vuole affermare un modello di uomo “economico”, che vale nella misura in cui produce e consuma. Invece, anche nella sofferenza e nella malattia siamo pienamente uomini e donne, senza diminuzioni, riconoscendoci in quella totalità unificata psico-fisico-spirituale tipica solo della persona umana.
Secondo le parole di San Giovanni Paolo II, c’è un “riflesso cristiano” nella sofferenza: «Se un uomo diventa partecipe delle sofferenze di Cristo, ciò avviene perché Cristo ha aperto la sua sofferenza all’uomo, perché egli stesso nella sua sofferenza redentiva è divenuto, in un certo senso, partecipe di tutte le sofferenze umane. L’uomo, scoprendo mediante la fede la sofferenza redentrice di Cristo, insieme scopre in essa le proprie sofferenze, le ritrova, mediante la fede, arricchite di un nuovo contenuto e di un nuovo significato» (Lett. Ap. Salvifici doloris, 11 febbraio 1984, 20).
Cari amici, andate avanti nel vostro servizio alle persone, fedeli al vostro slogan che dice: “Prevenire è vivere”. Vi accompagni dal Cielo San Leopoldo Mandić – un grande! –, patrono dei malati di tumore. Patrono anche dei “tumori spirituali”, perché confessava e perdonava tutto. Un grande misericordioso. Ci vogliono questi preti oggi. Di cuore benedico voi tutti, i soci e le vostre famiglie. E vi chiedo per favore di non dimenticarvi di pregare per me, perché ne ho bisogno. Grazie!