Ai Membri dell organizzazione Misión América (11 marzo 2023)

Eccellenza Reverendissima,
Reverendi sacerdoti,
fratelli tutti,

Ho saputo che Misión América celebra il trentesimo anniversario della sua fondazione, per cui si avvicina a quella che la tradizione chiamava “età perfetta”, ossia l’età di Cristo al momento della sua Passione e morte. In occasione di questa importante data avete voluto visitare la Sede di Pietro, per rinnovare il vostro impegno con la Chiesa universale, che si concretizza nel vostro lavoro a favore delle missioni in America e in Africa. Mi congratulo con voi e vi invito a far sì che i tre anni che vi mancano per giungere all’età perfetta siano un cammino profondo in cui possiate continuare a progredire nell’identificazione con Cristo. Con quel Cristo che ci ha detto: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20, 21), di modo che apriate la Chiesa alla missione. La Chiesa deve uscire, deve stare in strada. A me dice molto quel testo dell’Apocalisse in cui Gesù dice “sono alla porta e busso”. Se qualcuno mi aprirà, entrerò, starò con voi, cenerò (Ap, 3, 20).

Il problema di oggi è un po’ diverso. Gesù continua a bussare alla porta, ma tante volte dal di dentro affinché gli apriamo la porta e lo lasciamo uscire. Credo sia questa la sfida di oggi. La missione. Aprire la Chiesa alla missione.

È evidente che nel vostro lavoro avete già percorso un importante cammino. Di fatto, proponete quattro parole che lo definiscono: visibilità, rispetto, volontariato e collaborazione. Ci fa bene rileggerle un po’ alla luce di questo vangelo della missione.

Effettivamente nella scena appena citata Gesù vi mostra prima di tutto «le mani e il costato» (v. 20). È interessante questa immagine, poiché in un certo senso ci riassume il “modo” in cui Gesù fu inviato dal Padre e ora invia noi, dando visibilità alla realtà del dolore, del peccato, della morte, non per condannare qualcuno — noi questo ditino lo abbiamo molto esercitato per condannare, e non è la cosa migliore —. Non per condannare qualcuno, ma per sanare, sanare l’umanità, assumendola nella propria persona. Allo stesso modo, nell’organizzare campagne di sensibilizzazione per far conoscere la realtà dell’America Latina, l’orizzonte non può essere altro che far vedere su di essa la mano tesa di Cristo, che nelle sue piaghe ci offre il rifugio migliore.

Il testo biblico, come voi ben sapete, continua con l’episodio di san Tommaso. È un’altra idea attraente — al di là del valore teologico del racconto — questo rispetto per l’altro, per i suoi tempi, i suoi spazi. Gesù è sempre attento al bisogno, ma soprattutto alla persona nella sua totalità. Gesù rispetta le persone. La vera uguaglianza, la vera giustizia, non è imporre un percorso unico e utilitaristico per tutti, ma essere capaci di accompagnare ognuno, nella sua libertà, nel suo bisogno, affinché tutti possano rispondere alla chiamata di Dio, al progetto che Dio ha per ciascuno di noi, secondo i suoi tempi, il suo cammino, la sua pazienza. Saper attendere.

Inoltre Gesù in quell’occasione, secondo il Vangelo di Giovanni, effonde sui discepoli lo Spirito Santo, dando loro con quel dono la forza, l’autorità per compiere la missione affidata. I discepoli da quel momento è come se entrassero in un altro livello, più attivo, più intraprendente, con la forza dello Spirito Santo, ovviamente. In modo analogo, e riconoscendo sempre che solo in Dio sta la nostra forza, cercate di dare impulso, partendo dalla Chiesa in Spagna, a questa vocazione del volontariato — è una delle cose più belle che hanno le società. Il volontariato dei laici, non è così? —. Volontariato attivo che non è altro che sostenere con la preghiera, il lavoro, la solidarietà, coloro che, mossi dallo stesso Spirito, camminano per il mondo. Volontariato di sostegno in qualsiasi modo.

Infine, una parola cruciale per comprendere l’immenso dono di Gesù risorto: «Pace a voi!» (v. 21), dice il Signore. Il dono di Gesù risorto è questa pace che ci dà. Per quanto sia impossibile cogliere tutto il significato che questo concetto racchiude, voi lo traducete con collaborazione. Collaborare in pace, che questo serva per la crescita. È qualcosa di bello, vuol dire che la “pace” che Dio stabilisce con noi e tra noi trasforma l’esistenza, diventa quotidianità nel camminare di ogni giorno, nel ricercare il bene, nel diffondere l’amore e la concordia. E genera realtà nuove, creando ponti, distruggendo paure, distruggendo rancori, gli stessi che — come evidenzia il testo biblico — tenevano rinchiusi i discepoli.

Questa immagine di Gesù che invia la sua Chiesa in missione sia per voi uno stimolo, per dare visibilità alle piaghe ancora tangibili nel suo Corpo mistico; per esigere ed esigerci il rispetto di ogni uomo e il suo diritto a poter discernere il cammino che Dio traccia per lui; per lavorare e sostenere il lavoro di tutti coloro che sono stati, come noi, inviati, collaborando, con tutti gli uomini di buona volontà, alla gloria che il Signore ci ha preparato, che è che l’uomo viva, come dice sant’Ireneo (cfr. Contro le eresie, 4, 20, 5-7).

Che Gesù vi benedica. Grazie davvero per quello che fate. Voi direte: “è poca cosa, è molto familiare”. Ma le cose piccole, le cose familiari sono quelle che durano di più, mentre a volte le cose grandiose non durano.

Che la Vergine Santa vi accompagni e non perdete il buon umore per favore. Andate avanti e pregate per me.

 

 

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L’Osservatore Romano, Edizione quotidiana n. 059 del 12 marzo 2023