Ai Partecipanti al Capitolo Generale dell’Istituto Figlie di Maria SS. dell’Orto (26 marzo 2022)
Care Sorelle, buongiorno e benvenute!
Sono contento di accogliervi in occasione del vostro XX Capitolo Generale, che avete iniziato alla vigilia della solennità di San Giuseppe, buon inizio! Con San Giuseppe per mano, sempre si va bene, sempre.
Il Capitolo, che in ogni famiglia religiosa rappresenta un momento fondamentale del cammino della sua vita, significa incontro, significa dialogo, significa responsabilità, significa comunione evangelica. Non significa chiacchiericcio, questo no. Mi piace pensare che abbiate voluto affidare in custodia a San Giuseppe i vostri lavori e il loro buon esito; a Lui, l’artigiano di Nazaret, che anche con il suo lavoro ha partecipato al disegno di salvezza e lo ha servito fedelmente, da uomo giusto qual era.
Questo modello di San Giuseppe lo ritroviamo anche nel vostro Fondatore, Sant’Antonio Maria Gianelli. Qualcuno lo chiama “il Santo di ferro”, ma era molto umano. Il ferro è riferito alla santità, ma è una persona molto tenera: non bisogna sbagliare con questa qualifica! È stato un apostolo del Vangelo del lavoro, elemento essenziale della vita personale, familiare e sociale. È stato un operaio zelante nel campo del Signore, dedito al servizio alla Parola di Dio, sia con la predicazione sia nelle opere. Nella predicazione ha testimoniato e annunciato la fede nella provvidenza di Dio. Con le opere di misericordia ha mostrato la via della santità e ha attirato a percorrerla, dando esempio di carità concreta e premurosa per gli ultimi e gli emarginati della società. È stato un esempio in questo, un bell’esempio.
Con questo scopo diede vita nel 1829, a Chiavari dove era parroco, a un servizio caritativo affidato ad alcune donne, chiamate le “Signore della Carità”, da cui prese forma il vostro Istituto, le Figlie di Maria Santissima dell’Orto, conosciute come Gianelline. Vi siete diffuse in breve tempo in diverse parti del mondo e avete cercato di realizzare la vocazione ricevuta, compiendo la missione evangelizzatrice con il lavoro della carità.
Care sorelle, il tema che avete scelto per questo Capitolo generale: “Attente al mondo, con il cuore in Dio”, traduce bene l’ispirazione gianelliana del prendersi cura, del farsi prossimo, del fare il bene, radicato nella vita consacrata al Signore. Una tensione: stare in Dio ma andare alle periferie, sempre alle periferie più bisognose. E lì testimoniamo Dio.
Certamente vi siete chieste in che modo rispondere alla sfida attuale di una cultura che non è così, è una cultura dell’autoreferenzialità, è una cultura, direi, un po’ del “trucco”, dove è più importante truccarsi che crescere, che andare avanti; una cultura dello specchio, l’autoreferenzialità. E questo è brutto. Una cultura, questa dell’autoreferenzialità, che è un po’ egotica, ci porta all’indifferenza, a non prenderci cura degli altri, a guardare da un’altra parte, all’egoismo, e questo turba l’ordine delle relazioni umane e apre alle tante scorciatoie della schiavitù dell’ingiustizia, dello sfruttamento, che offendono la dignità delle persone. Voi che lavorate nella vita, sapete quanto sfruttamento c’è oggi in questa cultura nei confronti dei giovani, dei bambini – anche con il lavoro minorile – delle donne sfruttate, anche dei vecchi: un modo di sfruttarli è lasciarli da parte. E contro questa cultura c’è il vostro istituto che con la carità può andare dappertutto.
Voi siete presenti in molti Paesi e incontrate tante situazioni di sofferenza, di povertà, di prepotenza. Anche la vostra missione di evangelizzare trova ostacoli e resistenze, ma, sull’esempio di Sant’Antonio Gianelli, anziché scoraggiarvi, affrontate con fiducia e speranza questa difficoltà, sapendo di essere voi stesse le prime povere e bisognose di Dio. Questo atteggiamento umile e coraggioso assomiglia a quello della Vergine Maria di fronte alle sue prove. Esso fa di ciascuna di voi una terra buona in cui può germogliare il seme della carità, che siete chiamate a “innaffiare” ogni giorno con la preghiera, in particolare con l’adorazione, per rimanere “con il cuore in Dio”, come dice il vostro tema.
Da un cuore immerso in Dio vengono i frutti di una vita che profuma di Vangelo: una vita ricca di comprensione, ricca di fraternità, di tenerezza, di gioia, di dono di sé. E il mondo ha sete di questa vita buona, ma da solo non può darsela; ha bisogno di vederla testimoniata, e non da persone fenomenali, ma da persone semplici, da persone con limiti e debolezze come noi e tuttavia piene della forza dello Spirito Santo.
Con queste radici, con questa solidità interiore, voi potete andare per le strade del mondo e potete farvi, come vi proponete, “attente al mondo”. Che cosa significa questo? Vorrei suggerirvi due semplici tracce di riflessione e di cammino.
La prima è questa: attento al mondo – in senso evangelico – è chi sa stupirsi, chi è aperto a cogliere i semi del regno di Dio presenti nella realtà, perché sa che lo Spirito Santo è sempre all’opera e lavora liberamente e in maniera spesso sorprendente. “Attenzione” dunque non come giudizio, o pregiudizio, non come sospetto o diffidenza o paura, ma come sano realismo, come semplicità, saper prendere le situazioni e le persone così come sono e accompagnarle nel cammino della vicinanza a Dio e della maturazione nel Signore.
La seconda sottolineatura: attento al mondo è chi non rimane “al balcone”. Questa è una delle cose più brutte: un cristiano che è “al balcone”. In spagnolo diciamo che balconea, un atteggiamento di guardare le cose in maniera asettica, che non entra in contatto con il mondo. Non rimanere al balcone, non osservare con distacco, ma avvicinarsi, chinarsi, toccare con mano. Toccare con mano ci umanizza. Io di solito, nelle confessioni o nel dialogo, domando a una persona: “Ma, mi dica: lei fa l’elemosina?” – “Sì, padre, io faccio l’elemosina” – “E mi dica, quando lei fa l’elemosina, tocca la mano della persona che chiede, la guarda negli occhi?” – “Ma, non so…”. Questa elemosina è una cosa non tua, meccanica. Se tu sei capace di toccare, di guardare agli occhi, così è bella. È importante questo: non balconeare, toccare con mano. Attenzione dunque come vicinanza, farsi prossimo, prendersi cura. E qui, care sorelle, avete l’ottima scuola del vostro Fondatore, che vi ha insegnato a essere buone samaritane, sempre in viaggio ma pronte a fermarsi per prendersi cura dei poveri, dei feriti della vita, fasciare le piaghe e ascoltare, ascoltare tanto, per guarire dall’indifferenza, per guarire dalla solitudine, e per restituire dignità. Ogni volta che noi ci avviciniamo con la carità, con l’amore a una persona, le restituiamo dignità. La dignità di Cristo, che viene con il nostro gesto di carità.
E questo cominciando dalla propria famiglia, cioè dalle vostre comunità! Ognuna di voi può domandarsi: “Come posso essere ‘attenta al mondo’ se non so essere attenta alla mia vicina di camera, alla mia compagna di lavoro?”. Lo Spirito Santo, per intercessione della Vergine Maria, vi aiuti affinché nelle vostre comunità si respiri un clima sereno di fraternità, un calore di accoglienza, di comprensione, di magnanimità. Anche tra noi, a casa, infatti, ci sono le ferite, c’è la solitudine, ci sono le fatiche fisiche e morali. Un nemico di questa fraternità è il chiacchiericcio. Io so che voi non lo fate, siete tutte sante… Ma è così facile scivolare sul chiacchiericcio! “Hai visto cosa ha detto quella?”, e così comincia il chiacchiericcio… E la poveretta è sepolta dalle nostre parole. Per questo, vi darò un regalo. È un piccolo studio che ha fatto un Nunzio Apostolico sul chiacchiericcio. Da leggere, fa bene. Il chiacchiericcio distrugge l’identità.
Care sorelle, vi ringrazio per la vostra presenza in mezzo al Popolo di Dio e vicina ai più poveri. I problemi e le difficoltà non vi spaventino, ce ne saranno tanti, andate avanti con fiducia nella Provvidenza, sempre fedeli al carisma originario. Ma una fedeltà creativa, una fedeltà guidata dal discernimento paziente, saggio, coraggioso, illuminato sempre dalla Parola di Dio, dal Magistero della Chiesa e dal consiglio di persone esperte e competenti. Vi benedico di cuore. Andate avanti con gioia, attente al mondo – non dal balcone! – con il cuore in Dio. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!