Ai Partecipanti al Corso per Rettori e Formatori di Seminari dell America Latina (10 novembre 2022)
Discorso consegnato del Santo Padre
Stimato signor Cardinale,
cari fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Buongiorno!
Sono lieto di salutare tutti voi, partecipanti al Corso per Rettori e Formatori dei Seminari Latinoamericani, venuti da quasi tutti i Paesi del Continente e dei Caraibi. Estendo il mio saluto ai collaboratori del Dicastero per il Clero, che ha organizzato il corso.
Tutta la formazione sacerdotale, in particolare quella dei futuri pastori, è al centro dell’evangelizzazione, visto che nei prossimi decenni saranno loro, rispondendo a una genuina vocazione specifica, ad animare e guidare il santo Popolo di Dio, affinché sia “in Cristo sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. Quanto è necessaria una formazione di qualità per coloro che saranno presenza sacramentale del Signore in mezzo al suo gregge, alimentandolo e curandolo con la Parola e con i Sacramenti!
In tal senso, vorrei sottolineare che la Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, “Il dono della vocazione presbiterale”, conserva il grande apporto dato dall’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, di cui quest’anno ricorre il 30° anniversario della pubblicazione da parte di san Giovanni Paolo ii, dopo l’viii Assemblea generale ordinaria dei Vescovi, che affrontò il tema “La formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali”. Questa esortazione offre in modo esplicito una visione antropologica integrale, che tiene conto, in maniera simultanea ed equilibrata, delle quattro dimensioni presenti nella persona del seminarista: umana, intellettuale, spirituale e pastorale. D’altro canto, la stessa Ratio fundamentalis riafferma la prospettiva del mio stimato predecessore, Papa Benedetto XVI, il quale con il motu proprio Ministrorum institutio ha messo in evidenza che la formazione dei seminaristi prosegue, in modo naturale, nella formazione permanente dei sacerdoti, costituendo entrambe una sola realtà.
Vorrei inoltre sottolineare che uno dei grandi apporti dell’attuale Ratio fundamentalis è che descrive il processo formativo dei sacerdoti, dagli anni del seminario, a partire dalle quattro note caratteristiche della formazione, che viene presentata come unica, integrale, comunitaria e missionaria.
A tale proposito, vorrei fermarmi per enfatizzare che la formazione sacerdotale “ha un carattere eminentemente comunitario sin dalla sua origine; la vocazione al presbiterato, infatti, è un dono che Dio fa alla Chiesa e al mondo, una via per santificarsi e santificare gli altri che non va percorsa in maniera individualistica, ma sempre avendo come riferimento una porzione concreta del Popolo di Dio” (rfis, introduzione, n. 3).
In questo contesto, mi permetto di farvi notare che una delle sfide più importanti che oggi devono affrontare le case di formazione sacerdotale è di essere vere comunità cristiane, il che implica non soltanto un progetto formativo coerente, ma anche un numero adeguato di seminaristi e di formatori che assicuri un’esperienza realmente comunitaria in tutte le dimensioni della formazione. Questa sfida non di rado esige d’impegnarsi a creare o consolidare seminari interdiocesani, provinciali o regionali. Si tratta di un compito che i vescovi devono assumere sinodalmente, in particolare a livello di conferenze episcopali regionali o nazionali, compito a cui voi siete chiamati a collaborare con lealtà e proattività.
A tal fine, cari sacerdoti formatori, è necessario rinunciare a inerzie e protagonismi e cominciare a sognare insieme, non rimpiangendo il passato, non da soli, ma uniti e aperti a ciò che il Signore oggi desidera come formazione per le prossime generazioni dei presbiteri ispirati dagli attuali orientamenti della Chiesa.
Sono contento che, durante questi giorni, stiate riflettendo su diversi aspetti della formazione iniziale, soffermandovi sulla dimensione umana e su come questa si integri con le altre dimensioni, ossia spirituale, intellettuale e pastorale.
Di fatto, in seno alla comunità cristiana, il Signore chiama alcuni dei suoi discepoli a essere sacerdoti, sceglie cioè alcune pecore del suo gregge e le invita a essere pastori dei loro fratelli e sorelle. Non dobbiamo dimenticare che noi sacerdoti siamo stati “presi fra gli uomini… per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio” (cfr. Eb 5, 1). Siamo “co-discepoli” degli altri fedeli cristiani e, proprio per questo, condividiamo gli stessi bisogni umani e spirituali, e al contempo siamo soggetti alle stesse fragilità, limiti ed errori.
Nei seminaristi, come in ognuno di noi, interagiscono e coesistono due aspetti che devono completarsi reciprocamente: i doni della grazia e i tratti della natura ferita; il servizio che voi dovete svolgere è proprio di unire entrambe le realtà in un cammino di fede e di maturazione integrale (cfr. rfis, n. 28).
È necessario fare attenzione, poiché la vostra missione non è di formare “superuomini”, che pretendano di sapere e di controllare tutto ed essere autosufficienti; al contrario, è di formare uomini che con umiltà seguano il processo scelto dal Figlio di Dio, che è il cammino dell’incarnazione.
Sì, in virtù dell’Incarnazione del Figlio di Dio, troviamo nel nostro Maestro, Dio e uomo vero, non solo esempi di umanità rinnovata da imitare, ma anche la possibilità di entrare in una comunione vitale con Lui a partire dalla quale la nostra esistenza viene guarita ed elevata a un’umanità nuova. Il Signore rende possibile che lo imitiamo e seguiamo le sue orme, poiché ci comunica il dono della sua grazia, che è capace di trasformare tutto ciò che siamo: “anima, corpo e spirito” (cfr. 1 Ts 5, 23), secondo il suo piano di pienezza per ognuno di noi.
La dimensione umana della formazione sacerdotale non è quindi una mera scuola di virtù, di crescita della propria personalità o di sviluppo personale, ma implica anche e soprattutto una maturazione integrale della persona potenziata dalla grazia di Dio che, pur tenendo conto dei condizionamenti biologici, psicologici e sociali di ognuno, è capace di trasformarli ed elevarli, specialmente quando la persona e le comunità si sforzano di collaborare con essa in modo trasparente e veritiero. In definitiva, le motivazioni vocazionali autentiche, ossia la sequela del Signore e l’instaurazione del Regno di Dio, sono alla base di un processo che è al tempo stesso umano e spirituale.
In tal senso, uno dei compiti più importanti nel processo formativo di un sacerdote è la graduale lettura credente della propria storia. Questa visione provvidenziale del proprio cammino è la materia principale del discernimento personale ed ecclesiale della propria vocazione. In effetti, ogni seminarista prima, e ogni sacerdote dopo, con accenti e sfumature diversi, deve aggiornarla in continuazione, soprattutto nelle circostanze più significative del proprio cammino sacerdotale (cfr. rfis, nn. 59 e 69). Il confronto con quanti lo accompagnano in questo processo, sia nel foro interno sia nel foro esterno, gli consentirà di vincere qualsiasi tentazione di autoinganno soggettivista e consentirà la valutazione di prospettive molto più ampie e obiettive.
Dobbiamo essere anche consapevoli dell’impatto formativo che la vita e il ministero dei formatori hanno sui seminaristi. I formatori educano con la loro vita, più che con le loro parole.
Naturalmente una sana maturazione umana coerente con il consolidamento della propria vocazione e missione, che include il normale superamento di difficoltà e di periodi di crisi, consente al sacerdote formatore di rinnovare costantemente la base su cui poggia la sua configurazione a Cristo, Servo e Buon Pastore, e inoltre gli conferisce gli strumenti più efficaci per l’esercizio del suo servizio nel seminario, sia con i candidati riguardo al loro processo di discernimento, sia con gli altri formatori del gruppo formativo e gli altri agenti di formazione. Di fatto, l’armonia umana e spirituale dei formatori, in particolare del rettore del seminario, è una delle mediazioni più importanti nell’accompagnamento formativo.
Uno degli indicatori di maturazione umana e spirituale è lo sviluppo e il consolidamento della capacità di ascolto e dell’arte del dialogo, che sono naturalmente ancorati a una vita di preghiera, dove il sacerdote quotidianamente entra in dialogo con il Signore, persino nei momenti di aridità e di confusione. Per il servizio che un presbitero presta ai suoi fratelli e sorelle, in particolare per il lavoro di un formatore, la disposizione ad ascoltare e a empatizzare con gli altri, più che uno strumento di evangelizzazione, è proprio l’ambito in cui questa germina, fiorisce e dà frutti.
In sintesi, la vita del formatore, la sua costante crescita umana e spirituale come discepolo-missionario di Cristo e come sacerdote, sostenuto e promosso dalla grazia di Dio, è senza dubbio il fattore fondamentale di cui dispone per conferire efficienza al suo servizio ai seminaristi e agli altri sacerdoti nella loro configurazione a Cristo, Servo e Buon Pastore. Di fatto, la sua stessa vita testimonia quello che le sue parole e i suoi gesti cercano di trasmettere nel dialogo e nell’interazione con i suoi interlocutori nella formazione.
Cari sacerdoti, sono consapevole che il servizio che prestate alla Chiesa non è semplice e non di rado sfida la propria umanità, perché il formatore ha un cuore al cento per cento umano e non di rado può provare frustrazione, stanchezza, rabbia e impotenza; da qui l’importanza di ricorrere ogni giorno a Gesù, di inginocchiarsi e alla sua presenza imparare da Lui che è mite e umile di cuore, di modo che poco a poco il nostro cuore apprenda a battere al ritmo del cuore del Maestro.
Le pagine del Vangelo, soprattutto quelle che ci offrono pennellate della vita di Gesù con i suoi discepoli, ci permettono di vedere come Gesù sapeva rendersi presente o assente, sapeva qual era il momento di correggere o quello di elogiare, il momento di accompagnare o l’occasione per inviare e lasciare che gli apostoli affrontassero la sfida missionaria. È in mezzo a questi, che potremmo chiamare, “interventi formativi” di Cristo che Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni e il resto dei chiamati, divennero veri discepoli e configurarono, poco a poco, il loro cuore a quello del Signore.
Poco fa ho sottolineato il ruolo formativo del rettore del seminario rispetto ai suoi fratelli del gruppo formativo e nella corresponsabilità di tutti nella propria formazione sacerdotale. Il rettore deve mostrare una preoccupazione costante per ognuno dei formatori, mantenendo un dialogo aperto e sincero rispetto alla sua vita e al suo servizio, senza trascurare di farsi eco di quegli aspetti più personali dai quali molte volte dipende il superamento dei problemi che possono nascere all’interno del gruppo formativo. Tenete presente che i formatori sono per il rettore del seminario i suoi fratelli più prossimi, ai quali deve essere rivolto in modo privilegiato l’esercizio della carità pastorale.
D’altro canto, la formazione sacerdotale ha come strumento privilegiato l’accompagnamento formativo e spirituale di tutti e ognuno dei formatori del seminario rispetto a tutti e ognuno dei seminaristi, in modo da assicurare che abbiano un vasto e variegato aiuto da parte della comunità dei formatori, senza esclusivismi né particolarismi, potendo essere sostenuti da sacerdoti di diverse età e sensibilità differenti, secondo le competenze specifiche di ognuno di loro, affinché ogni futuro pastore possa discernere e consolidare non solo una genuina vocazione al presbiterato, ma anche il modo personale e irripetibile che il Signore ha tracciato perché lo viva e lo eserciti.
Contribuiscono con l’accompagnamento formativo altre persone che aiutano i seminaristi nella loro crescita umana e spirituale. Vanno ricordati gli agenti responsabili delle esperienze pastorali svolte nel corso della formazione iniziale, in modo particolare i parroci, come pure gli esperti che sono chiamati a collaborare quando è necessario (cfr. rfis, nn. 145-147).
Cari formatori, vi esprimo nuovamente la gratitudine della Chiesa perché dedicate la vostra vita e il vostro ministero ai futuri pastori, che saranno i vostri fratelli nel presbiterato e che, uniti e sotto la guida del vescovo, getteranno le reti del Vangelo come autentici pescatori di uomini. Che Maria Santissima, Madre dei sacerdoti, vi incoraggi e vi custodisca nella vostra missione.
Buon pomeriggio e vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me. Grazie.
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L’Osservatore Romano, Anno CLXII n. 257, giovedì 10 novembre 2022, p. 7.