Ai Partecipanti alla Plenaria del Dicastero per la Cultura e lEducazione (21 novembre 2024)

Caro Cardinale Prefetto, cari Superiori del Dicastero,
Eminenze, Eccellenze,
cari fratelli e sorelle!

Vi ricevo mentre svolgete la prima Assemblea Plenaria del Dicastero per la Cultura e l’Educazione. E colgo questa occasione per ribadire l’importanza del rischio di mettere insieme questo binomio: cultura ed educazione. Quando, con la Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, ho deciso di unire i due Enti della Santa Sede che si occupavano dell’educazione e della cultura, mi ha motivato non tanto la ricerca di una razionalizzazione economica, quanto piuttosto una visione sulle possibilità di dialogo, di sinergia e d’innovazione che possono rendere ancora più fecondi, direi “debordanti” questi due ambiti.

Il mondo non ha bisogno di ripetitori sonnambuli di quello che c’è già; ha bisogno di nuovi coreografi, di nuovi interpreti delle risorse che l’essere umano si porta dentro, di nuovi poeti sociali. Infatti, non servono modelli di istruzione che siano mere “fabbriche di risultati”, senza un progetto culturale che permetta la formazione di persone capaci di aiutare il mondo a cambiare pagina, eradicando la disuguaglianza, la povertà endemica e l’esclusione. Le patologie del mondo presente non sono una fatalità che dobbiamo accettare passivamente, e meno ancora comodamente. Le scuole, le università, i centri culturali dovrebbero insegnare a desiderare, a rimanere assetati, ad avere sogni, perché, come ci ricorda la Seconda Lettera di Pietro, noi «aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia» (3,13).

Questo dovrebbe diventare il criterio base di discernimento e di conversione per le nostre pratiche culturali ed educative: la qualità delle attese. La domanda-chiave per le nostre istituzioni è questa: «Che cosa aspettiamo davvero?». Forse la risposta sincera sarà deludente: il successo agli occhi del mondo, l’onore di essere nel “ranking” o l’autopreservazione. Certo, se fosse così, sarebbe troppo poco!

Fratelli e sorelle, l’esperienza che Dio ci permette di realizzare è un’altra. Ricordo ciò che scrive Emily Dickinson in una sua poesia:

«Come se chiedessi una comune Elemosina,
E nella mia mano stupita
Uno Sconosciuto comprimesse un Regno,
Ed io, sconcertata, restassi –
Come se chiedessi all’Oriente
Se avesse un Mattino per me –
E lui sollevasse le sue Dighe purpuree,
E Mi ubriacasse d’Aurora!» [1].

“Ubriacarsi d’Aurora”, una bella immagine per sottolineare questo processo.

Anch’io vi esorto: comprendete la vostra missione nel campo educativo e culturale come una chiamata ad allargare gli orizzonti, a traboccare di vitalità interiore, a fare spazio a possibilità inedite, a elargire le modalità del dono che solo diventa più ampio quando viene condiviso. A un educatore e a un artista il nostro dovere è dire: “Siate copiosi, rischiate!”.

Non abbiamo motivo per lasciarci sopraffare dalla paura. Primo, perché Cristo è nostra guida e compagno di viaggio. Secondo, perché siamo custodi di un’eredità culturale ed educativa più grande di noi stessi. Siamo eredi delle profondità di Agostino. Siamo eredi della poesia di Efrem il Siro. Siamo eredi delle Scuole delle Cattedrali e di chi ha inventato le Università. Di Tommaso d’Aquino e di Edith Stein. Siamo eredi di un popolo che ha commissionato le opere del Beato Angelico e di Mozart o, più recentemente, di Mark Rothko e di Olivier Messiaen. Siamo eredi degli artisti e delle artiste che si sono lasciati ispirare dai misteri di Cristo. Siamo eredi di scienziati sapienti come Blaise Pascal. In una parola, siamo eredi della passione educativa e culturale di tante Sante e tanti Santi.

Circondati da un tale stuolo di testimoni, sbarazziamoci di ogni fardello del pessimismo; il pessimismo non è cristiano. Convergiamo, con tutte le nostre forze, per sottrare l’essere umano dell’ombra del nihilismo, che è forse la piaga più pericolosa della cultura odierna, perché è quella che pretende di cancellare la speranza. E non dimentichiamo: la speranza non delude, è la forza. Quell’immagine dell’àncora: la speranza non delude.

Se posso condividere un segreto, a volte sento il desiderio di gridare all’orecchio di quest’epoca della storia: “Non dimenticare la speranza!”. A volte c’è il mito di Turandot: pensare che la speranza sempre delude. Conto su di voi affinché l’Anno giubilare, ormai vicino, possa ampliare quel grido. C’è tanto da fare: questo è il momento di rimboccarsi le maniche.

Oggi il mondo registra il numero più alto di studenti nella storia. Ci sono dati incoraggianti: circa 110 milioni di bambini completano la scolarizzazione primaria. Però, rimangono tristi disparità. Infatti, circa 250 milioni di bambini e adolescenti non frequentano la scuola. È un imperativo morale cambiare questa situazione. Perché i genocidi culturali non avvengono solo per la distruzione di un patrimonio. Fatelli e sorelle, è genocidio culturale quando rubiamo il futuro ai bambini, quando non offriamo loro condizioni per diventare ciò che potrebbero essere. Quando vediamo in tante parti i bambini che vanno a cercare nella spazzatura cose da vendere e così poter mangiare. Pensiamo al futuro dell’umanità con questi bambini.

Nel suo libro Terra degli uomini, Antoine de Saint-Exupéry percorre i vagoni di terza classe di un treno pieno di famiglie di rifugiati. Si sofferma a guardarli. E scrive: Mi tormenta «una specie di ferita. […] Mi tormenta che in ognuno di questi uomini c’è un po’ Mozart, assassinato». La nostra responsabilità è immensa. Ripeto: immensa! Educare è avere l’audacia di confermare l’altro con quella espressione di Sant’Agostino: «Volo ut sis»: «Voglio che tu sia». Questo è educare.

Un ambito particolarmente rilevante che determina il cambiamento epocale è quello degli enormi salti che si stanno verificando nello sviluppo scientifico e nelle innovazioni tecnologiche. Non possiamo ignorare oggi l’avvento della transizione digitale e dell’intelligenza artificiale, con tutte le sue conseguenze. Questo fenomeno ci pone davanti a domande cruciali. Chiedo ai centri di ricerca delle nostre Università che si impegnino a studiare l’attuale rivoluzione in corso, facendo luce sui vantaggi e sui pericoli.

Comunque, lo ripeto: non dobbiamo far vincere il sentimento di paura. Ricordatevi che i passaggi culturali complessi si rivelano spesso i più fecondi e creativi per lo sviluppo del pensiero umano. Contemplare Cristo vivo ci permette di avere il coraggio di lanciarci nel futuro, confidando nella parola del Signore che ci sfida: «Passiamo all’altra riva» (Mc 4,35). Per favore, non siate educatori in pensione! L’educatore sempre va avanti, sempre.

Vi ringrazio per il vostro impegno e prego affinché lo Spirito Santo vi illumini nel vostro lavoro. Maria, Sede della Sapienza, vi accompagni in questo cammino. Vi benedico tutti. E, per favore, vi chiedo di pregare per me. Grazie!

 


[1] Tutte le poesie,  J323 (1858).