Nella misura di quella grazia che ha fatto sì che Gesù lo amasse e che l’abbia fatto riposare sul suo petto alla Cena (Gv 13,23), Giovanni ha ricevuto in abbondanza l’intelligenza e la sapienza [i doni dello Spirito] (Is 11,2) – l’intelligenza per comprendere le Scritture; la sapienza per redigere i suoi libri con un’arte mirabile. A dire il vero non ha ricevuto questo dono fin dal momento in cui ha riposato sul petto del Signore, anche se in seguito ha potuto attingere da questo cuore « nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza » (Col 2,3). Quando egli dice che, entrando nel sepolcro, « vide e credette », riconosce che « non avevano ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti » (Gv 20,9). Come gli altri apostoli, Giovanni è giunto alla sua piena misura alla Pentecoste, quando è venuto lo Spirito Santo, quando la grazia è stata data a ciascuno « secondo la misura del dono di Cristo » (Ef 4,7). (…)
Il Signore Gesù ha amato questo discepolo più degli altri (…), e gli ha aperto i segreti del cielo (…) per fare di lui lo scriba del mistero profondo, del quale l’uomo, da solo, non può dire nulla: il mistero del Verbo di Dio, del Verbo fatto carne. E’ il frutto di questo amore. Eppure, anche se lo amava, non a lui Gesù disse: « Sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa » (Mt 16,18). (…) Pur amando tutti i suoi discepoli e innanzi tutto Pietro con un amore di spirito e d’anima, nostro Signore ha amato Giovanni con un amore di cuore. (…) Nell’ordine dell’apostolato, Simon Pietro ha ricevuto il primo posto e « le chiavi del Regno dei cieli » (Mt 16,19); Giovanni, invece, ha ottenuto un’altra parte dell’eredità: lo spirito d’intelligenza, « un tesoro di gioia e di esultanza » (Sir 15,15).