“E chi è il mio prossimo?” Per rispondere, il Verbo, la Parola di Dio, parla della misericordia sotto forma di un racconto: dice della discesa dell’uomo, l’imboscata dei briganti, lo spogliamento dell’abito incorruttibile, le ferite del peccato, le conseguenze della morte su metà della natura (l’anima infatti resta immortale), il passaggio vano della Legge, poiché né il sacerdote, né il levita hanno curato le piaghe dell’uomo vittima dei briganti. “Infatti è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri” (Eb 10,4); poteva farlo solo colui che ha preso tutta la natura umana con le primizie dell’origine da cui vengono tutte le razze: Giudei, Samaritani, Greci e l’intera umanità. Lui, col suo corpo, cioè il suo cavallo, si è trovato là dov’è la miseria dell’uomo, ne ha curato le ferite, l’ha fatto riposare sul suo cavallo e gli ha dato come rifugio la sua misericordia, dove tutti coloro che penano e faticano sotto il peso trovano ristoro (Mt 11,28). (…)
“Chi dimora in me io dimoro in lui” (Gv 6,56)… Chi trova rifugio in questa misericordia di Cristo riceve da lui due denari d’argento, uno: amare Dio con tutta la sua anima, l’altro: amare il prossimo come se stesso, secondo la risposta del dottore della Legge (Mc 12,30ss). Ma poiché “non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati” (Rom 2,13), occorre non solo ricevere i due denari d’argento…, ma fare anche la propria parte a fatti per compiere questi due comandamenti. Ecco perché il Signore dice all’albergatore che tutto quanto avrà speso per curare il ferito glielo restituirà, quando tornerà una seconda volta, secondo la misura del suo zelo.