Mercoledì 5 Giugno : SantAgostino

Quando Dio invisibile si rivolse all’uomo apparendogli in forma visibile, quando L’Eterno usò un linguaggio temporale e l’Immutabile delle parole fragili, quando disse: “Io sono colui che sono” (Es 3,14) (…), aggiunse al nome della sua sostanza il nome della sua misericordia. (…) E’ come se Dio avesse detto a Mosè: “Io sono colui che sono”, tu non lo comprenderai; il tuo cuore non è forte; tu non sei immutabile come me e il tuo spirito nemmeno. Hai sentito che io sono. Ascolta ciò che puoi capire, ascolta ciò che puoi sperare”.

E Dio dice ancora a Mosè: “Io sono il Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe” (Es 3,15). Non puoi cogliere il nome della mia sostanza, cogli quello della mia misericordia. Ora, quello che io sono è eterno. Abramo, Isacco e Giacobbe sono dunque eterni; non dico semplicemente eterni, ma resi eterni, resi eterni grazie a Dio”.

E’ con queste parole il Signore ha confuso i Sadducei cavillosi, quando negavano la risurrezione. Citò per loro la testimonianza della Scrittura: “Non avete letto nel libro di Mosè – disse loro – nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Non è Dio dei morti, ma dei viventi!” (Mc 12,26-27); e tutti quelli vivono.

Quando dio dice(…): “Io sono il Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe”, aggiunge: “Questo è il mio nome per sempre” (Es 3,15). E’ come se dicesse: “Perché temi la morte dell’uomo? Perché dubiti di non esistere più dopo la morte? Ecco il mio nome per l’eternità. E questo nome: “Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe” non potrebbe essere eterno se Abramo, Isacco e Giacobbe non vivessero eternamente.”