Presentazione delle Lettere Credenziali degli Ambasciatori di Pakistan, Emirati Arabi Uniti, Burundi, Qatar (19 maggio 2022)

Eccellenze,

vi porgo un caloroso benvenuto e accolgo volentieri le Lettere che vi accreditano presso la Santa Sede come Ambasciatori Straordinari e Plenipotenziari dei vostri Paesi: Pakistan, Emirati Arabi Uniti, Burundi e Qatar. Nel trasmettere i miei saluti ai vostri rispettivi Capi di Stato, vi chiedo gentilmente di assicurare loro un ricordo nelle mie preghiere per lo svolgimento del loro importante servizio.

Anche se non esiste un momento ideale, state certamente iniziando la vostra nuova missione in un periodo particolarmente impegnativo. L’ultima volta che ho incontrato i vostri colleghi a gennaio, la famiglia umana stava cominciando a tirare un sospiro di sollievo, poiché ci stavamo lentamente ma indubbiamente liberando dalla morsa della pandemia. Sembrava che potessimo finalmente tornare a un certo senso di normalità, pur tenendo a mente le lezioni apprese negli ultimi due anni. Poi, la nube oscura della guerra è calata sull’Europa dell’Est, avvolgendo poi direttamente o indirettamente il mondo intero. Dopo aver sperimentato gli effetti devastanti di due guerre mondiali e le minacce nucleari durante la guerra fredda, insieme a un crescente rispetto per il ruolo del diritto internazionale e alla creazione di organizzazioni politiche ed economiche multinazionali focalizzate sulla coesione della comunità globale, la maggior parte delle persone credeva che la guerra in Europa fosse un lontano ricordo. E si pensava ai bambini che avrebbero domandato alla mamma: “Mamma, che cos’era la guerra?”. Ma non è stato così.

Tuttavia, come abbiamo visto al culmine della pandemia, anche in una tragedia di questa portata può emergere il meglio dell’umanità. Forse più che mai, le moderne forme di comunicazione hanno scosso le nostre coscienze presentando in tempo reale immagini forti e, a volte, raccapriccianti di sofferenza e morte. Queste stesse immagini hanno anche ispirato un senso di solidarietà e fraternità, che ha portato molti Paesi e individui a fornire l’assistenza umanitaria. Penso in particolare a quei Paesi che stanno accogliendo i rifugiati del conflitto senza badare ai costi. Abbiamo visto famiglie aprire le loro case ad altri membri della famiglia, ad amici e anche a quanti non conoscono.

Allo stesso tempo, non bisogna dimenticare che ci sono numerosi altri conflitti in corso nel mondo che ricevono poca o nessuna attenzione, specialmente dai media. Siamo un’unica famiglia umana e il grado di indignazione espresso, l’appoggio umanitario offerto e il senso di fraternità provato per coloro che soffrono non deve essere basato sulla geografia o sull’interesse personale. Perché «se ogni persona ha una dignità inalienabile, se ogni essere umano è mio fratello o mia sorella, e se veramente il mondo è di tutti, non importa se qualcuno è nato qui o se vive fuori dai confini del proprio Paese» (Fratelli tutti, 125). Questo vale non solo per la guerra e i conflitti violenti, ma anche per le altre situazioni di ingiustizia che affliggono la famiglia umana: il cambiamento climatico, la povertà, la fame, la mancanza di acqua potabile, l’accesso a un lavoro rispettabile e ad un’istruzione adeguata, solo per citarne alcune.

La Santa Sede continua a lavorare attraverso numerosi canali per favorire soluzioni pacifiche in situazioni di conflitto e per alleviare la sofferenza causata da altri problemi sociali. Lo fa con la convinzione che i problemi che riguardano l’intera famiglia umana richiedono una risposta unitaria da parte della comunità internazionale, in cui ogni membro faccia la sua parte. Cari Ambasciatori, voi avete un ruolo privilegiato da svolgere in questo senso. Sapete fin troppo bene che la guerra è sempre una sconfitta per l’umanità ed è contraria all’importante servizio che svolgete cercando di costruire una cultura dell’incontro attraverso il dialogo e incoraggiando la comprensione reciproca tra i popoli, nonché sostenendo i nobili principi del diritto internazionale. Non è affatto un servizio facile, il vostro, ma forse le situazioni di disuguaglianza e di ingiustizia di cui siamo testimoni nel mondo d’oggi ci aiutano ad apprezzare ancora di più il vostro lavoro. Nonostante le sfide e le battute d’arresto, non dobbiamo mai perdere la speranza negli sforzi volti a costruire un mondo in cui prevalgano la fraternità e la comprensione reciproca e i dissidi siano risolti con mezzi pacifici.

Cari Ambasciatori, all’inizio della vostra nuova missione, formulo i miei migliori auspici e vi assicuro che gli uffici della Santa Sede sono a vostra disposizione per affrontare questioni di interesse comune. Di cuore invoco divine benedizioni di sapienza e di pace su di voi, sulle vostre famiglie, sui vostri collaboratori diplomatici e sul personale. Grazie!