Viaggio Apostolico in Portogallo: Incontro con i giovani di Scholas Occurrentes nella Sede di Scholas Occurentes di Cascais (3 agosto 2023)

Domanda n. 1 (POR)

Buongiorno. Scholas! Scholas! Scholas!

Quando mi è stato presentato, non ho avuto dubbi ad accettarlo e abbracciarlo perché è uno spazio dove tutti condividono le proprie emozioni e sentimenti. È uno spazio dove ognuno contribuisce con ciò che ha, di valori etici e morali, per il benessere della comunità. Indipendentemente dalla sua religione od origine. Sono della Guinea Bissau e sono musulmano, ma mi sento parte di questo spazio. E, come musulmano, sento l’obbligo e il dovere di unirmi e di far parte di questo movimento. Perché ciò a cui anche l’islam esorta è la buona convivenza tra le credenze, tra le diverse credenze. Ed esorta e si preoccupa del benessere della comunità. Ci dice che cosa dobbiamo fare, che dobbiamo prenderci cura del prossimo e, per questo motivo, vorrei chiedere perché Scholas è uno spazio con cui tutti si identificano e perché tanta diversità per ottenere un’opera d’arte.

Papa:

Scholas rende possibile tutto ciò, che ognuno si senta interpretato. Con grande rispetto, ma non è un rispetto statico, ma dinamico, che mette in cammino, per fare cose, per esprimersi facendo, com’è questo dipinto, che come mi ha detto del Corral, è una cappella sistina dipinta da voi. (Applausi). Scholas ti mette in cammino, Scholas ti fa rispettare l’altro, e ascoltare l’altro che ha qualcosa da dirti, e l’altro ascoltare te perché tu hai qualcosa da dirgli. Scholas ti indica il cammino per andare avanti, ti fa andare avanti. Scholas è un incontro camminando, tutti, qualsiasi sia il Paese, qualsiasi sia la religione, soltanto guardare avanti e camminare insieme. E questo è costruttivo, come i tre km e mezzo di murale che voi avete fatto per arrivare qui.

Domanda n. 2 (POR)

Vorrei continuare un po’ nella direzione della diversità per entrare nel tema che è stato alla base dei due mesi del nostro lavoro, che è il caos. Noi, come gruppo, e anche io individualmente, abbiamo avuto l’opportunità di visitare varie comunità diverse, varie persone diverse, di religione diversa, di culture diverse, e questo ci ha dato una grandiosa opportunità per approfondire sempre più, non solo dentro di noi, ma anche dentro tutta la comunità, ciò che significa scoprire il sentimento vero che esse provano, le sofferenze vere che sentono e, in tal modo, dare loro l’opportunità di esprimere tutto ciò con una pennellata, con una linea sul murale. Dare loro l’opportunità di esprimersi! E questo inevitabilmente ci coinvolge, tocca il nostro cuore e ci fa pensare: abbiamo questo sentimento? Queste sofferenze fanno parte di noi, del nostro convivere? Allora vorrei domandare: che cosa ne sarebbe della nostra esistenza senza il caos originale? Grazie.

Papa:

Tu dici caos, va bene. È la crisi. Sapete da dove viene la parola “crisi”? Quando si raccoglieva il grano, si passava al setaccio [in spagnolo [cribar: fa notare la parentela tra “crisi” e “cribar”]. E la crisi nelle persone sono situazioni della vita, eventi, problemi organici, malumore o buonumore. Ti fa cribar, ossia setacciare, e tu devi scegliere. Una vita senza crisi è una vita asettica. A te piace bere acqua? Ti piace? Se ti do acqua distillata, uno schifo! L’acqua distillata è un’acqua senza crisi. Una vita senza crisi è come l’acqua distillata, non sa di niente. Non serve a niente. Solo per metterla nell’armadio e chiudere la porta. Le crisi bisogna accettarle, bisogna accettarle e risolverle. Perché neanche rimanere nella crisi è un bene, perché è un suicidio continuo. È come uno stare per arrivare, per arrivare. Le crisi le devi percorrere, le devi accettare. E raramente da solo. E anche questo è importante nel gruppo di Scholas. Camminare insieme per affrontare crisi insieme, risolvere cose. L’importante è andare avanti e crescere insieme. Allora, avanti, anche solo per mangiare una feijoada.

Domanda n. 3 (POR)

In questi ultimi due mesi abbiamo lavorato molto per riuscire a fare il murale che ha visto lì fuori. Ma questo murale veramente rappresenta il caos. Il caos che, molto spesso, quando lo viviamo, e quando lo viviamo da vicino, non capiamo, ed è una grande confusione. Sembrano solo linee aleatorie. Ma la verità è che arriva un momento in cui noi ci distanziamo. In quella distanza cominciamo a riuscire a vedere forme, colori; cominciamo a riuscire a trovare un senso in questo caos, a riuscire a pensare più di quello che spesso vediamo appena o sentiamo appena, ma sì, riusciamo a esprimere. Per me, ad esempio, è stata un’esperienza molto importante perché anch’io ho vissuto momenti di grande caos nella mia vita – credo che tutti li viviamo – e la verità è che, ascoltare la storia degli altri, aprirsi veramente per ascoltare, per condividere e per accogliere tutte le persone che hanno partecipato a questo murale, è stato un privilegio per noi, forse più che per loro, per noi che siamo qui e abbiamo permesso che ciò accadesse. E tutto ciò perché cerchiamo questo senso, tutti cerchiamo questo senso profondo di percepire che è qualcosa di più grande del semplice essere qui. E allora vorremmo domandarle: quando è passato accanto al murale, che cosa ha sentito, che cosa ha provato durante nel tragitto fino a qui, nel cuore di questo murale, che per noi è davvero semplicemente l’inizio o la fine. Non lo sappiamo. E prima che lei risponda, vorremmo anche, a nome di tutti, offrirle un pennello, questo pennello che rappresenta tutti noi.

Papa:

È bello quello che hai detto del caos. C’era uno che diceva che la vita dell’uomo, la nostra vita umana, è fare del caos un cosmo, ossia di ciò che non ha senso, è disordinato, è caotico, fare un cosmo, con senso, aperto, inviante, complessivo. Non voglio fare qui il catechista, ma se vediamo la struttura del racconto della Creazione, che è un racconto mitico, nel senso vero della parola “mito”, perché mito è forma di conoscenza. Allora usa questa storia colui che ha scritto il racconto della Creazione. Tra parentesi, questo è stato scritto molto tempo dopo che il popolo ebraico ha fatto l’esperienza della sua liberazione. Ossia, pima c’è tutta l’esperienza dell’esodo del popolo ebraico e poi guardano indietro. E come è iniziata la storia? Come si è trasformato il caos in cosmo? E lì, in un linguaggio poetico, si narra come Dio dal caos un giorno fa la luce, un altro giorno fa l’uomo, e continua a creare cose e a trasformare il caos in cosmo. Nella nostra vita succede lo stesso: ci sono momenti di crisi – riprendo questa parola -, che sono caotici, che non sai più a che punto di trovi, tutti attraversiamo questi momenti bui. Caos. E qui il lavoro personale, delle persone che ci accompagnano, di un gruppo così, è di trasformare il cosmo. A me risulta difficile in questo caos della Sistina [risate] pensare che dietro c’è un cosmo, perché il cosmo qual è? Lo state costruendo voi nel messaggio che state portando avanti, nel cammino che avete davanti. Non vi dimenticate mai di questo: trasformare un caos in un cosmo. E questo è il cammino di ognuno. Una vita che rimane nel caotico è una vita fallita, e una vita che non ha mai provato il caos è una vita distillata, dove tutto è perfetto. E le vite distillate non danno vita, muoiono in sé stesse. E se una vita personale e relazionale che ha provato la crisi come caos e lentamente dentro di sé, e nella comunità, si è trasformata in un cosmo… tanto di cappello!

Una delle giovani di Scholas Ocurrentes in spagnolo:

Grazie, Papa Francesco, per le tue parole. Grazie!

Una giovane in portoghese:

È una gioia per noi concludere così questo cammino. Ma, malgrado questa esperienza stia per finire, ci piacerebbe pensare che l’opera non finirà mai. Per questo oggi concluderemo cominciando.  E così, quando un cammino si chiude, un nuovo cammino si apre. Abbiamo deciso di chiamare questo progetto: “Vita tra Mondi”. Infatti tutto il murale è un’esperienza e un’espressione di vita che nascono dall’incontro di tante realtà diverse. Perciò oggi faremo un salto e riuniremo un mondo fisico con un mondo virtuale.

Una giovane in spagnolo:

Ti chiediamo, caro Francesco, di accompagnarci fino alla parete che hai dietro di te e di regalarci l’ultima pennellata di questo murale, ma con un pennello molto particolare, capace di iniziare al tempo stesso un’opera virtuale che riuscirà a riunire le diverse comunità di Scholas in tutto il mondo.

José María del Corral, Presidente di Scholas Ocurrentes:

Papa Francesco, il video, questo pennello virtuale di cui parlava Eugenia è un’arma per la pace. Sembra una pistola perché sparerà qui ma, invece di uccidere, questa pennellata che darai sulla parete la darai anche nel mondo virtuale. In questo momento ci sono ragazzi di Scholas in Mozambico, che hanno montato un dispositivo, in Mozambico, a Tofo, per vedere la pennellata che darai ora, e seguirla nel mondo virtuale, perché i giovani vogliono che sia tu a unire il mondo fisico con quello virtuale perché il mondo virtuale non smetta mai di essere concreto e impegnato con la realtà. [applausi] Dipingiamo la parete.

Papa:

Questa è la storia del buon Samaritano, e nessuno di noi è esente dall’essere un buon Samaritano. È un obbligo che abbiamo tutti. Ognuno deve cercarla nella vita, perché ognuno termina la propria vita […] ha perso come nella guerra. Il buon Samaritano lo trova gettato a terra, ma prima era passato un levita, era passato un sacerdote, però avevano fretta. Non gli hanno dato importanza. Ma oltre ad avere fretta, non potevano toccarlo perché c’era del sangue […] e secondo la legislazione di quel tempo chi toccava il sangue diventava impuro. Non so per quanto tempo doveva purificarsi, allora questo gli impediva di compiere il suo dovere, non doveva toccare. “Muori ma io non ti tocco, non divento impuro. Muori ma io non divento impuro”. Non dimenticatevi di questo. Quante volte può passare per la nostra mente: “Muori ma io non divento impuro”. Quante volte si preferisce la purezza rituale alla vicinanza umana […]. I Samaritani, nella mentalità dell’epoca, erano dei “disgraziati”, erano tutti disgraziati e commercianti, non erano puri di mente, di cuore, erano emarginati, ma il buon Samaritano lo vede, si ferma e la storia dice che provò compassione. “Muori, io mi preoccupo della mia purezza”. Provò compassione. Vi lascio la domanda: che cosa mi fa provare compassione? Oppure hai un cuore talmente arido che non provi compassione? Ognuno si dia una risposta. E poi che succede? Lo porta in un albergo e gli trova una stanza e dice al locandiere: “Guarda, io ripasserò tra tre giorni. Intanto prendi questo e se serve di più, al ritorno ti pago”. Questo “disgraziato” era uno che pagava. Allora abbiamo i ladroni che uccidono, il buon Samaritano che si prende cura e il levita e il sacerdote che se ne vanno per non diventare impuri. E Gesù dice: questo entra nel Regno dei Cieli, perché si è mosso a compassione. Pensate un po’ a questa storia. Dove sto io? Reco danno alla gente? Dove sto io? Evito le difficoltà reali o mi sporco le mani? A volte nella vita bisogna sporcarsi le mani per non sporcarsi il cuore.

Una giovane, in spagnolo:

Grazie, caro Francesco, per il tuo regalo, un vero segno per continuare a camminare insieme.

Papa: Ora vi do la benedizione, ma voi promettetemi di chiedere la benedizione anche per me, dopo.

Pregate per me, e chi tra voi non lo fa perché non può o perché non si sente, che mi mandi energia positiva.